SU KOKKU : tra tradizione e leggenda
Tra i più famosi ed apprezzati gioielli della tradizione sarda, i Kokkos anche detti Pinnadellu o Sagebia nell’oristanese sono costituiti da una sfera di materiale che attualmente è quasi sempre onice o agata di diversi colori forata al centro e incastonata tra due sottili lamine di argento 925.
L’origine del gioiello si perde nell’antichità degli usi e costumi degli abitanti dell’isola. La più probabile è quella che vuole il gioiello importato dalla Spagna. Nel periodo di dominazione Aragonese dell’isola infatti gli scambi commerciali con il regno Spagnolo erano intensi, e in particolare un ritrovamento di un frammento di un particolare gioiello in giaietto (mineraloide di origine vegetale) prodotto in Spagna e conservato attualmente nel museo della vita e delle tradizioni popolari sarde a Nuoro sembrerebbe lasciar intendere che, volendo riprodurre in Sardegna gioielli simili e per la penuria del prezioso materiale poco disponibile in Sardegna, gli artigiani locali abbiano iniziato a riprodurlo con i materiali più comuni come l’ossidiana.
In seguito verranno utilizzate paste vitree molto più semplici da forare al centro rispetto all’ossidiana.
Il Kokkos oggi assurge ad una funzione meramente ornamentale in varie forme ed utilizzi, come pendente di una collana o come abbellimento di un bracciale. In antichità invece la funzione era ben diversa. Anche detto Occhio di Santa Lucia, era considerato un potentissimo amuleto contro il malocchio. L’uso più diffuso era quello di incastonarlo all’interno di spille da porre sopra le culle dei neonati o sopra i veli delle donne. La funzione dell’amuleto era quella di assorbire energia positiva e contrastare quella negativa. Andava attivato con particolari preghiere in lingua Sarda e si diceva che qual ora una maledizione veniva lanciata contro chi possedeva l’amuleto, il gioiello avrebbe protetto il possessore fino al punto di rompersi in tanti frammenti.
L’utilizzo degli amuleti è registrato dalle fonti storiche fino a 2000 anni prima di Cristo, quindi che anche in Sardegna si utilizzassero metodi “protettivi” per proteggersi da invidia e maledizioni è perfettamente logico.
Il gioiello era tipicamente regalato dalla nonna o dalla madrina al neonato in forma di spilla per la culla, in seguito il gioiello poteva essere modificato e trasformato in un pendente da bracciale.
Veniva spesso regalato anche alle spose per proteggere la relazione e per ornare il velo.
Attualmente il gioiello è uno dei più utilizzati ed apprezzati, proprio per la sua versatilità d’uso. In figura vediamo un Kokkos in onice nera con lamine d’argento 925 in formato pendente per collane.
Il colore originale nero ai giorni d’oggi è stato adattato alle esigenze commerciali e possiamo trovare Kokkos di diverso colore.
Attualmente è possibile realizzare Kokkos in colori diversi come l’ametista o l’agata e legare il gioiello in argento o in oro.